I contadini dell'aretino le chiamavano Pulezze. Sono certo che molti di voi non sapranno neppure lontanamente di cosa sto parlando. Parlo di una verdura molto popolare e diffusa quando io ero ragazzo. Era facilmente reperibile fino agli anni '60, poi piano piano è stata modificata e adattata ad un uso piu casalingo, ad un gusto più attuale.
Quando ero ragazzo io, prima degli anni '40, nelle campagne, il grande problema di ogni giorno era aver cibo per gli animali, prima ancora che per le persone. Specialmente quella Aretina, era una comunità prevalentemente agricola, e in campagna gli animali, che erano alla base dell' attività del podere, erano: mucche, vacche, maiali.
Una delle coltivazioni che forniva mangiare in abbondanza per questi tipi di animali erano proprio le Pulezze, ovverosia le Rape. Si tratta di una pianta che ha un bel ciuffo verde a foglie larghe fuori terra e un grosso rapo bianco lungo 15-20 cent sottoterra.
E' una pianta che viene seminata in autunno e vive bene fino alla primavera quando poi ricopre i campi con un bel manto di fiori gialli.
Le foglie di questa pianta una volta cotte , avevano un gusto forte, decisamente amarognolo ma molto soddisfacente, agli animali erano invece riservati principalmente i magnifici rapi bianchi. Potevano essere estirpati via via al bisogno e poi tutti insieme, a fine stagione, e conservati .
Credo che sia stata una verdura basilare per l' alimentazione contadina, proprio perchè le sue foglie cotte potevano poi essere usate in diverse maniere ed il gusto era talmente ricco e forte che accompagnate da buon pane casalingo, costituivano un pasto importante e soddisfacente, un gusto cosi forte che solo la carne poteva darti, la stessa soddisfazione
Si diceva , ed era vero, che non erano proprio al massimo della loro bontà fino a quando il ghiaccio non le aveva doverosamente intenerite, tanto era forte la loro fibra. Le bianche brinate invernali e le temperature polari delle notti le rendevano morbide ma non ne modificavano il sapore. Io penso che questa verdura sia stata nota e usata fino dall'antichità; certo era nota ai romani e probabilmente agli etruschi. E' una pianta talmente forte che i suoi semi possono resistere anche 500 anni. Con il suo gusto amarognolo si sposava molto bene con il maiale che era poi l' altro materiale disponibile nelle case di campagna. Una volta bollite, le donne con le loro mani ossute le stringevano formando delle palle di circa 10 cent, strizzandole forte per far uscire tutta l' acqua. A questo punto potevano essere conservate anche per diversi giorni.

Generalmente in una padella di ferro nero si mettevano un paio di agli schiacciati e olio d'oliva. Appena l' aglio cominciava a soffriggere vi si aggiungevano le pulezze che con la roncola erano prima state battute per ridurle a piccoli pezzi. Su di un treppiede con un po di brace sotto, nel canto del camino, la padella doveva soffriggere lentamente finchè le foglie non si trasformavano in un impasto che non lasciava più intravedere le foglie originali ma si trasformava in un tutto unico morbido e profumato. Quando l' economia della famiglia lo permetteva si soffriggevano all' inizio, insieme all'aglio salsicce di maiale avendole prima bucherellate con una forchetta per dar modo a grasso di uscire e portare nuovo sapore e gusto alle pulezze che si aggiungevano non appena le salsicce cominciavano ad imbiondire.
Queste verdure erano buone calde ma anche fredde se si conservavano per il giorno dopo. Gli uomini tagliavano lunghe fette di pane casalingo e le ricoprivano di pulezze dando soddisfazione assoluta a gusto e appetito. Con le rape bianche si nutrivano invece gli animali. I maiali le mangiavano anche crude ma generalmente il modo di somministrarle era completamente diverso.

Una molto rudimentale macchina azionata a mano (trinciarape) le riduceva in fette che avevano la dimensione di uno spicchio d' arancia circa.
Le rape affettate venivano messe a bollire in grandi catini di rame con acqua. Una volta cotte il tutto veniva mescolato con crusca di grano,semola e farina di granturco. Non c' erano mangimi industriali allora e ogni sera gli uomini compivano con precisione e sacrificio la preparazione di questo intruglio che chiamavano (bevarone). Riscaldava e nutriva gli animali e spandeva per le stalle un buon odore di cose buone e genuine.
Con il tempo questa pianta è stata modificata, incrociata con le famose cime di rapa pugliesi, campane e romane e di altre regioni. Sono verdure con la foglia piu piccola, molto più dolci e tenere molto saporite sempre ma non con il carattere che le famose pulezze avevano. Quelle odierne non fanno più il rapo bianco che non avrebbe utilizzo oggi dato che gli animali sono nutriti con mangimi industrialmente prodotti.
Ricetta per Pasta e Pulezze
Vi propongo una ricettina semplice da realizzare con le cime di rape che troverete ancora per poco tempo in vendita essendo la stagione quasi finita.
Tagliate a piccoli pezzetti una salsiccia ed un pezzetto di gota di maiale. Fate soffriggere con uno spicchio d'aglio schiacciato. Aggiungete le cime di rape crude tritate in modo grossolano, avendo cura di utilizzare solo le cime e le foglie piu tenere. . Aggiungete mezzo bicchiere d' acqua e fate cuocere le verdure per 8-10 minuti. A questo punto aggiungete pomodori a grappolo tagliati a grossi pezzi e saltate la padella ripetutamente. Condire con sale, pepe, polvere di aglio. Lasciate cuocere per qualche minuto aggiungendo qualche cucchiaio di acqua se vedete che il tutto rischia di soffriggere.
Mangiatele caldissime, appena tolte dalla padella che deve essere di quelle in ferro nero.E' un piatto che riscalda e consola e istintivamente ci riporta indietro nei secoli perchè il sapore forte e grezzo delle pulezze ci dice subito che parliamo di qualcosa che viene da molto lontano.Cercate da qualche contadino, quelle vere, quelle coltivate per l' alimentazione degli animali. Sono proprio quelle giuste anche per noi. In questo caso date loro una veloce sbollentatura prima di usarle per la ricetta.
Mangiatele caldissime, appena tolte dalla padella che deve essere di quelle in ferro nero.E' un piatto che riscalda e consola e istintivamente ci riporta indietro nei secoli perchè il sapore forte e grezzo delle pulezze ci dice subito che parliamo di qualcosa che viene da molto lontano.Cercate da qualche contadino, quelle vere, quelle coltivate per l' alimentazione degli animali. Sono proprio quelle giuste anche per noi. In questo caso date loro una veloce sbollentatura prima di usarle per la ricetta.
Ciao Giancarlo, grazie di aver condiviso questa ricetta ! Peccato che sono le 10 di mattina... Buona giornata e buona vita. Renato
RispondiEliminaNon c' è nulla di meglio che una bella merenda con un bicchier di vino , alle dieci di mattina, assieme ad un amico, di una giornata dedicata alla vita anzichè a tante cose inutili che sembrano importantissime. Abbraccio
RispondiEliminaArezzo,la nonna dora le zie,la mia infanzia tra arezzo e montevarchi,I pranzi con le pulezze I rocchi di sedano e il bifo del maiale con I fagioli
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