domenica 1 agosto 2010

La grande festa della Porchetta


Questo fiorire di attività culturali, in estate , ad uso e consumo dei turisti specialmente stranieri, mi fa ripensare all’ antica abitudine di indossare il vestito della festa nelle occasioni importanti o di metter la tovaglia “ buona “ a tavola quando si invitava qualcuno .E’ un’abitudine provinciale, un modo di presentarsi agli altri come in effetti non si è, anche se si intuisce che quella dovrebbe essere logicamente il nostro vero modo di essere . Preferiamo “ salvare le apparenze” pensiamo basti la forma, la sostanza non conta. Mentre gli italiani “acculturati” si godono l’estate con sagre della nana, feste di porchette e grandi abbuffate di paste fatte in casa, mentre i nostri giovanotti impazzano con impossibili raduni attorno a improvvisati happy hour e notti di ogni colore che hanno il solo risultato di trasformare le città in qualcosa di invivibile ed insopportabile, nelle cantine delle grandi fattorie degradate ad agriturismo , nei sagrati di qualche chiesetta di campagna , negli angoli certamente suggestivi di questa nostra benedetta terra, si organizzano concerti, recite di poemi inediti di qualche secolo fa, serate di musica classica. Si rispolverano quartetti d’archi, soprani incerti, fini dicitori e artisti di ogni genere che , mi domando , dov’erano e cosa facevano in tutto il resto dell’anno, in tutti quei mesi in cui l’unica forma di spettacolo diffusa è quella dei reality TV..

Gli stranieri, pochi quest’anno, accorrono ammirati e certo tornando nelle loro terre racconteranno come la cultura sia viva e ben praticata in Italia, come il popolo la coltiva giorno per giorno, facendo vino al suono di musiche di Bach, coltivando i campi declamando Cicerone, facendo shopping ascoltando melodie fantastiche.

Racconteranno che mentre comperi un etto di salame il macellaio ti declama Dante e che si beve vino centellinandolo nel fresco delle cantine ascoltando Beethoven.

. Quando abitavo a Roma , a via del Babuino, dalle case attorno alla Bottega di Fulgenzi, case degradate come gran parte del centro di Roma, uscivano tipi agghindatissimi che noi del quartiere conoscevamo benissimo per essere tipici rappresentanti di tutta quella fauna che era vissuta ai bordi della famosa “ dolce vita” raccogliendo le briciole e che non voleva riporre nel famoso cassetto quel sogno impossibile, e comunque tramontato, ma io direi mai esistito veramente.

Abitavano in case che spesso avevano i cartoni al posto dei vetri e potevano mantenersele solo grazie a quel traffico strano tipico romano per cui se affitti una casa poi spesso se la passano di mano in mano ed il proprietario non riesce più a rintracciare le fila di questa fantasiosa locazione. Uscivano da queste case fatiscenti,( Via Laurina, via Margutta etc) con vestiti elegantissimi anche se spesso di annata, grandi fazzoletti fuori dai taschini, cravattone ben annodate, cappelli e capelli vissuti, e con quell’aria di chi la vita la conosce come le sue tasche (vuote in questi casi). Si andavano a piazzare nei tavoli di Rosati o di Canova a Piazza del Popolo, oggetto di ammirazione e invidia dei turisti italiani e no che non potevano non essere affascinati dalla vista di personaggi tanto eccezionali.

Certo tutti pensavano, doveva trattarsi di nobili romani, o di gente dello spettacolo o comunque di persone che solo in una citta come Roma potevi incontrare, un eleganza di portamento e di modi che solo in Italia potevi ammirare..

Martini dipingeva con le sue bottigliette di inchiostro di china, sugli scalini della chiesa di Santa Maria attorniato , nonostante la sua allergia alle docce, da giovani turiste ammaliate sempre dal fascino di questi artisti che in Italia con niente, creano arte e meraviglie. In una Roma sguaiata e caciarona i turisti hanno per anni subito il fascino irresistibile di questa citta dalla “ dolce vita” .

Attorno a me , nella splendida Val di Chiana, i paesi , piccoli gioielli toscani, sono praticamente morti, distrutti da amministrazioni comunali ignoranti e incompetenti. I pochi monumenti che la lunga storia di questi posti ci ha donato, sono trascurati, cadenti praticamente in rovina. Le sagre di ogni genere invitano il popolo a baccanali sguaiati e senza senso. Si vive tra nane arrosto e porchette chilometriche, niente di più, l’ agricoltura stessa che era custode di grande civiltà del vivere, è praticamente scomparsa senza che nessuno se ne preoccupi.

I macellai declamano Dante mentre nelle cantine musiche di Bach e soprani incerti lasciano pensare ai turisti che siamo un popolo educato e amante della cultura.I Comuni non hanno , dicono, soldi per acquistare cassonetti dei rifiuti , ma trovano risorse per organizzare incredibili rievocazioni storiche di battaglie che nessuno conosce bene e che non interessano più. La storia continua. Ancora prendiamo in giro Mussolini perché durante la visita di Hitler in Italia coprì le brutturie di una Roma trasandata con scenari da palcoscenico. Abbiamo perduto il pelo…ma il vizio……… !!!!!!

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