mercoledì 10 febbraio 2016

Una città in vendita

Leggo, non troppo spesso per la verità, articoli sui giornali che mettono in rilievo una insolita e preoccupante chiusura di locali pubblici, bar, ristoranti, discoteche, caffè. Generalmente poi il tutto si trasforma in tabelle di numeri, in simboli statistici, in soldi praticamente, soldi perduti e sembrerebbe, per i più il male peggiore che questa moderna epidemia, sterminando grandi e piccoli, ma sopratutto piccoli commerci, diffonde. Siamo tanto abituati a catastrofi mai immaginate prima, che passiamo velocemente al foglio successivo sperando di trovare qualcosa di più tragico, qualcosa di ancor più terrificante che riesca a scuotere le nostre menti anestetizzate da spettacoli in TV, offerte speciali, telefonate continue che ti prospettano servizi a costo zero mentre a fatica ti muovi per la casa al buio dato che per pochi euro ed un giorno di ritardo ti hanno staccata pure la corrente.
Tempo fa, verso Natale ebbi modo di dar vita ad una polemica in soliloquio (nessuno mi rispose) tra organizzatori della grande trovata " AREZZO CITTA' DEL NATALE", improvvisate Baite di montagna incautamente costruite nel bel mezzo dei trecenteschi palazzi di Piazza grande. Le foto riportavano foto di una moltitudine di sbandati che vagavano tra centinaia di carretti pieni di offerte, code in attesa di poter mangiare una salsiccia tedesca a fianco del Sindaco nella baita famosa ove aveva anche posto un bel tavolo " Riservato ASCOM"
Le Autorita': le famose Autorità, non ce le siamo mai scrollate di dosso, ci ossessionano da piccoli. In qualsiasi posto vai al cinema, a teatro, allo Stadio a mangiare una salsiccia tedesca, in bella mostra, in prima fila vedi i terrificanti cartelli " Riservato alle Autorità" Abbiamo abbattuto, Monarchia e Dittatura, abbiamo messo in leggera difficoltà le Aristocrazie, abbiamo fatto finta di aver cancellato qualche setta, congrega, associazione più o meno segreta, ma non siamo riusciti a mettere al posto giusto al posto  che a loro compete le famose Autorità.
Bene, mentre tutto questo gran Bazar Baraonda si impossessava delle nostre strade e i commercianti ammiravano il via vai dagli ingressi dei loro negozi deserti, azzardai qualche osservazione rivolgendomi agli attori principali di tanto festival del nulla: nessuno mi rispose neppure il signore che avendo organizzato si compiaceva delle folle oceaniche a passeggio, senza chiedersi con un minimo di autocritica , se la sua operazione andava a vantaggio o a danno del commercio cittadino. Lui voleva rilanciare Arezzo nel mondo, immaginava una nuova Dubai, una inaspettata New York toscana, non poteva adattarsi ad una tranquilla splendida, ordinata e curata cittadina medioevale toscana, con i suoi negozi ricchi di merceologie a noi familiari. Ricordo quando ero ragazzo i trionfi con frasche di alloro e prodotti che macellerie e drogherie costruivano per rendere ricchi e sontuosi gli ingressi dei loro negozi.
Lui già si vedeva su di una scintillante decappottabile , sfilare tra bandiere e pioggia di coriandoli in testa ad una festosa, arezzo-parade . 
Questa città è stata sciagattata dalla guerra in poi, da una pletora di incompetenti, che si trasmettono incarichi importanti e che richiederebbero competenza, solo sulla base dell' amico, dell'amico.  Nel dopoguerra pur essendo una città prevalentemente agricola non sono mancati imprenditori di buona razza, nati dal nulla, di quelli che veramente da poco, con tanta volontà e magari anche con l' aiuto di quella che una volta era una Banca seria, erano riusciti a dar vita a veri e propri miracoli del lavoro.
 Ero piccolo quando andavo a portare i ritagli, le limature di oro allo Zucchi in un piccola botteghina sproporzionata alla sua altezza, perchè lo pulisse e ne ricavasse una piccola pasticca gialla, preziosa.  In ogni fondo di tutte le case della periferia e della campagna, diecine di macchine da maglieria producevano giorno e notte, la Lebole realizzò il miracolo di trasformare migliaia di contadine in sarte e il marchio si sparse velocemente. Contadini che avevano come unica esperienza quella di costruire gabbie da conigli o aratri da lavoro sotto le capanne sgocciolanti di pioggia, dettero vita a famose industrie dell arredamento. L' oro aveva invaso la città e in ogni cucina la sera dopo una breve cena, famiglie intere di davano da fare a rammagliare catenine, saldate piccoli monili.
Io stesso ebbi l' avventura di iniziare dal nulla, interrompendo i miei studi di medicina, prima la lavorazione di animali in paglia e poi la rivalutazione di antiche tecniche di lavoro artigianali applicate ad ogni materiale, legno, carta, paglia, ferro, plastica, ceramica etc. Esportavamo in tutto il mondo e tutto il mondo ci ammirava.
Anche allora arrivarono le famose Autorità e scoprirono che " nessuno mai aveva fatti animali in paglia": borse, cappelli, sventole stuoie si, ma animali no, e con la logica ferrea che all' Autorità appartiene si dedusse che "se nessuno li aveva mai fatti significava che non era permesso farlo" ebbi cosi i miei guai e solo dopo due anni di domande e carte fui iscritto come "figurinaio in paglia" Roba da vergognarsi.


Eravamo rimasti alle adunate oceaniche dell' ultimo Natale ed io che di commercio un pò ne ho fatto ,  dedussi subito che quella grande baldoria non avrebbe contentato nessuno: certo non i venditori ambulanti che dovevano avere a occhio e croce non poche spese (anche per il costo degli spazi suolo pubblico) e pochi incassi: certamente non i commercianti aretini che videro nel momento atteso tutto l'anno, i clienti distratti, impegnati a spendere il budget già previsto al ribasso, in strutture commerciali non appartenenti alla città ma che a fine festa avrebbero preso e riportato i quattro spiccioli incassati lontano da qui.
Risultato???? molti esercizi commerciali avrebbero chiuso.
Per due settimane ristoranti furono deserti, bar vuoti e negozi hanno poi dovuto cominciare la solita lotta per la salvezza con svendite e operazioni alla " si salvi chi può".
Leggo di locali storici che pur non avendo chiuso definitivamente si sono presi due o tre mesi di ferie..........Avete capito bene negozi, piccole aziende che hanno spese ogni giorno CHIUDONO due o tre mesi per ferie. Tremo per loro e mi immagino il momento della riapertura.
Dove sono ora gli organizzatori di tutto questo bel risultato. Pubblicavano ogni giorno i loro trionfi su Facebook, Perchè non pubblicano ora ogni giorno la lista degli esercizi chiusi o in via di chiusura??
Questo che abbiamo detto riguarda la pura economia del settore, il giro di soldi che poi a me personalmente, tutti lo sanno, sciaguratamente interessa poco. 
C'è dietro invece un altro problema: la distruzione sistematica inarrestabile del nostro vivere civile. Quando chiude un locale pubblico, si interrompono contatti fra persone, si toglie alla gente il piacere, la grande risorsa intellettuale, culturale di trovarsi assieme, scambiare parole ed opinioni, in un arricchimento reciproco che oggi è ormai un sogno finito.
Ricordate i barbieri???? avete mai pensato a quale  funzione importante hanno ricoperto nei rapporti tra i clienti che li frequentavano. Molti prima di andare a cena anche se non avevano da farsi nulla, si fermavano un  quarto d' ora per ritrovare amici e discutere gli ultimi avvenimenti della giornata.Oggi molti comprano quelle macchinette tosacani e con quelle da soli si fanno le acconciature tagliando via capelli e idee.
I caffè???? Vieni ti pago un caffè!!! Una parentesi grande, piacevole, consolante tra una trattativa e l' altra, tra un cumulo di discorsi seri un attimo di distrazione. Il bar era un via vai di clienti, quelli della zona entravano e uscivano come da una porta girevole per rientrare pochi minuti dopo con altri amici.
Le trattorie????? Il conforto di quei piatti caldi senza pretese, come si diceva "fatti in casa", perchè quella era la sensazione che dovevano darti.
ricordo quando dopo l'alluvione di Firenze, quando lavorammo giorno e notte al freddo di inizio dicembre per rimettere insieme e presentabili le nostre piccole aziende distrutte. Noi al Ponte Vecchio avemmo distrutta una delle "Botteghe di Fulgenzi" e lavoravamo, come tutta Firenze, di gran lena per riaprire in tempo per il Natale.
Il freddo ci mordeva le mani, le tracce della nafta riaffioravano continuamente dalle pareti bagnate che non  volevano asciugare mai. Poi che paradiso entrare nella trattoria in via Barbadori, calda e accogliente, piena di gente sporca di lavoro e di vernici, tutti felici per i lavori che procedevano e lasciavano sperar bene.
L'alluvione era cosa passata e non ne parlavamo neanche.
E le pizzicherie??? Le drogherie??? Entravi in un mondo di profumi seducenti, salumi veri, pasta a peso, insaccati, tortellini, zamponi. Ma c'erano tanti soldi penserete voi??? No non c'erano. Le massaie entravano studiando bene cosa prendere, poi tiravano fuori un librettino nero dove il bottegaio segnava accuratamente l' importo. E pagare???? a fine mese!!! e nessuno sgarrava in un mondo che sembrava povero, senza Baite e senza baracconi, ma dove la gente viveva tranquilla come in una favola, senza perdere uno solo dei tanti valori che la vita naturalmente ci offre solo se li sappiamo apprezzare.
Ora i nostri negozi chiudono, chiudono ristoranti, bar, dove la gente si è incontrata per anni, ha stretto amicizie.
Io ho visto nei miei locali persone incontrarsi per la prima volta, con emozione. Ho visto nascere gli affetti, gli amori. Ho visto poi i loro figli quando sono venuti per il battesimo e molti, molti, sono tornati per la comunione e le ricorrenze familiari annuali, con nonni e parenti,
Una Cliente giorni fa mi ha commosso: "Se chiude Fulgenzi, il nostro tavolo (Quello dove si sedevano lei ed il marito) per favore non lo dia via " ed io ho promesso con gioia che sarà loro, sicuro.
Questa è la vita , ci si affeziona ad un locale, ad un tavolo perchè quelli sono i punti fissi, certi delle nostre emozioni, le pietre miliari del cammino della nostra vita.
Quanto perdono le persone quando chiude un piccolo negozio vicino a casa, un bar dove trovavi il tuo caffè senza neppure ordinarlo, un ristorante , un'osteria, un carretto di verdure dove per anni sei abituato a trovare quelle erbette che nessun super mercato ti darà mai e sopratutto dove ritroverai quelle emozioni e quella vecchietta che da anni conosci e ti raccomanda le sue erbette come  se le conoscesse personalmante foglia per foglia.
Ora invece, una bella mattina un incompetente qualsiasi, si siede alla solita scrivania e invece di fare qualcosa di utile, si fa venire un' idea luminosa. 
SAI CHE FACCIAMO QUEST' ANNO??? 
facciamo Arezzo, la città del natale..
Bene in quel momento senza un minimo di consapevolezza ha come sganciato una ipotetica bomba nucleare sopra la nostra piccola città.
Abbiamo appena accennato al disastroso effetto dirompente che la chiusura di locali piccoli o grandi ma radicati nel tempo ha nei sentimenti, nei rapporti umani nella cultura di una citta ma non siamo ancora andati a vedere che sosa succede dietro quel piccolo o grande cartello " vendesi"
Sogni coltivati per anni finiti senza capire perchè, speranze deluse,  famiglie che alla sera vorrebbero parlare di altro ma che hanno fisso davanti agli occhi quel messaggio di resa. Padri che non sanno spiegare ai figli perchè la mattina nessuno va piu ad aprire il negozio, il bar.
 Quanti giovani vorranno intraprendere la strada del commercio, dopo questo fiorire di cartelli, quanti risparmi sudati, quanti piccoli e grandi capitali della famiglia ha bruciato quel signore con la sua idea di trasformare Arezzo in una nuova Merano????
Noi non stiano solo vendendo, chiudendo o passando in mani diverse aziende che appartengono alla storia di tutti noi, no, noi stiamo vendendo anche la nostra libertà, la nostra possibilità di sopravvivere secondo le nostre tradizioni, le basi della nostra cultura. Barattiamo la nostra vita vera con un giro ai baracconi, si comprano alimentari tra odori di detersivi e esposizioni di biancheria, si mangiano panini confezionati un anno fa e scongelati in fretta, giriamo in una citta che non si riconosce più, tra voglia di qualcosa di strano e tanta, tanta miseria, marcati da vicino da un mare di auto tallonate a loro volta da vigili famelici. Rientriamo a casa: la televisione ci darà l'ultimo colpo prima di una notte agitata.

4 commenti:

  1. Ho avuto il piacere di conoscerla sto leggendo il suo libro e condivido pienamente ciò che ha scritto.
    Ma Lo Stecchetto è un mondo magico dove chi entra esce da questa realtà frenetica ,avida e se un luogo incantato così chiude dove andrà la gente per mangiar bene e soprattutto disintossicarsi l'anima?
    Lo so che è vero che ultimamente niente è apprezzato ma non ci dobbiamo arrendere a un tale caos ...
    Ho letto che ha messo in anni passati cartelli che hanno "scosso"...lo faccia anche ora continui con le provocazioni intelligenti che sa fare.
    Un forte abbraccio.
    Caterina Zanchi.

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  3. Grazie, lo frò. In questi giorni sono un pò preso con l' ospedale ma appena libero non mancherò Grazie

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  4. Grazie, lo frò. In questi giorni sono un pò preso con l' ospedale ma appena libero non mancherò Grazie

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