Caro Giancarlo,
Leggere certi tuoi scritti ogni tanto mi stimola ricordi.
Andai a New York la prima volta per correre la maratona nel novembre del 1987, avevo gli anni di Cristo.
Ci arrivai pieno di preconcetti, pensando di trovare un posto invivibile e senz’anima. Purtroppo, quell’anno la maratona si correva il primo di novembre, domenica di halloween e si correva dopo quasi una settimana dal mio arrivo in città. Ero in forma smagliante e preparato a correre in meno di tre ore le 26,386 miglia (42,195 Km.): l’unica cosa che mi preoccupava era di tenermi in allenamento fino al fatidico colpo di cannoncino sul ponte Da Verrazzano a Staten Island.
Successe che mi dimenticai completamente della maratona e, insieme con il mio cognato di allora Alex (mia sorella ha poi divorziato da quell’adorabile pazzo), scorazzammo quasi sempre ubriachi per tutti i luoghi possibili della città, in una sorta di delirio che non si può raccontare.
La notte prima della gara, Alex mi trascinò di forza - ero pieno di martini fino ai capelli - in albergo: ci si doveva alzare molto presto per raggiungere in bus dal centro di New York (eravamo in albergo a due passi da Central Park) il luogo della partenza. Mi alzai come ci si alza dopo una sbronza e tre ore scarse di sonno: coma totale.
Confuso tra i 21.000 partecipanti di quell’anno, e si partiva ancora tutti insieme, cominciai a correre almeno dopo un quarto d’ora abbondante dopo il via (causa la ressa dei partecipanti). Ebbi varie crisi, ma riuscii a finire la gara in 3h e 31 minuti! Mi piazzai intorno al 4.200 posto ed ero completamente disfatto!!
Alla partenza da quel posto magico, giuro, ho pianto.
Sono tornato lì una sola volta, purtroppo, ma quella città mi è rimasta nel cuore, nello stomaco, nel cervello. Bisognerebbe passarci almeno un mese tutti gli anni.
Quindi ti capisco appieno e hai profondamente ragione.
Salute
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